Il velo / the veil

 

workshop diretto da Davide Iodice

con  Gemma Carbone, Kristin Falksten, Peter Jägbring, Caroline Sehm, Robert Söderberg,
Linda Wardal
musiche originali eseguite in scena Harriet Ohlsson

assistenza e training Alessandra Fabbri
collaborazione al progetto Michele Vitolini
luci Angelo Grieco
direttore di scena Marcello Iale
macchinista Luigi Sabatino
elettricista Antonio Gatto

in collaborazione con il  Corso di Lingua Svedese dell’Università di Napoli “L’Orientale” e la Scuola Elementare del Teatro

produzione Teatro Stabile di Napoli in collaborazione Folkteatern Göteborg
nell’ambito del progetto Città in scena / Cities on stage finanziato con il sostegno del Programma Cultura della Commissione Europea

 

Prodotto dal Teatro Stabile di Napoli con il Folkteatern di Göteborg, Il velo / The veil è stato realizzato nell’ambito del progetto finanziato con il sostegno della Commissione Europea, Città in scena / Cities on stage, giunto al quarto anno di attività, del quale il Teatro Stabile di Napoli è partner con il Théâtre National di Bruxelles, l’Odéon-Théâtre de l’Europe di Parigi, il Festival d’Avignon, il Teatrul National Radu Stanca di Sibiu,
il Teatro de La Abadía di Madrid e il Folkteatern di Göteborg.
In scena, i sette interpreti selezionati da Davide Iodice a Göteborg, restituiscono al pubblico i loro incontri e le loro suggestioni di luoghi e simboli della città, a partire dal Cristo velato della Cappella Sansevero, al Pulcinella di Bruno Leone, al monaciello, ai vasci dei quartieri, a Piazza Mercato, a Scampia, agli incontri-testimonianze con il musicista Daniele Sepe, lo scrittore Maurizio Braucci, il giornalista Pierluigi Razzano.
Guidati dalla comunità degli attori e degli allievi attori della Scuola Elementare del Teatro – il laboratorio permanente di arti sceniche che Davide Iodice conduce presso l’ex Asilo Filangieri di Napoli – e accompagnati dai tirocinanti di lingua svedese dell’Università “l'Orientale”, gli attori sono stati partecipi di un percorso creativo a tappe, “trasformando i luoghi comuni in luoghi della comunità, e le figure della tradizione in persone che parlano oggi”. A proposito di questo suo lavoro il regista dichiara: “Vivo e lavoro a Napoli, città indicibile perché troppo detta, impossibile da ‘mettere sulla scena’ perché infinito teatro di se stessa. Tutto quello che faccio si nutre del rapporto con questa città, esplicitarlo in un unico tema sarebbe per me impossibile. Diventa allora importante, più del ‘tema’, la pratica scenica da condividere con ilgruppo di giovani performers svedesi. La mia si basa su almeno due elementi riconoscibili: la ricerca in prima persona di una materia ‘esistenziale’ che superi la scena;
la creazione di gruppi che mettano a contatto specialisti della scena e ’specialisti dell’esistenza’. Ho immaginato allora una ricerca, divisa in tanti percorsi quanti sono i performers, che segnino una sorta di geografia sentimentale della città. Ogni attore è stato affidato a una guida che per vissuto o per conoscenza ha rivelato un aspetto specifico della città: la resistenza sociale e culturale, il disagio, la teatralità, la ritualità
magico - religiosa, e così via; accompagnando il performer in un viaggio secondo quella traiettoria. Il performer è stato chiamato ad appuntare giorno dopo giorno sulla pagina bianca della scena le ‘impressioni’ e i reperti documentali ed emotivi di quel percorso. Siamo partiti da un’immagine e da un luogo: il velo del Cristo della
Cappella di San Severo, nel cuore del centro antico della città e lo abbiamo assunto come elemento fisico e simbolico alla base della creazione. Il velo, rivela e nasconde, trattiene e custodisce quel corpo che sembra perennemente sul punto di risorgere. Così Napoli m’appare”.