tragedia in versi in lingua flegrea di Mimmo Borrelli (Premio Tondelli 2007)
adattamento Mimmo Borrelli e Davide Iodice
regia Davide Iodice
con Mimmo Borrelli, Floriana Cangiano, Davide Compagnone, Vincenzo Del Prete, Massimo De Matteo Piergiuseppe Francione, Angelo Laurino, Stefano Miglio, Marco Palumbo, Michele Schiano di Cola
musica in scena Antonio Della Ragione, Lorenzo Niego, Guido Sodo
training e studi sul movimento Marina Rippa
scene Tiziano Fario
luci Maurizio Viani
costumi Enzo Pirozzi
composizioni e coordinamento musicale Guido Sodo
trucco Vincenzo Cucchiara
assistente scenografo Gennaro Staiano
una produzione Mercadante Teatro Stabile di Napoli

 

Il regista Davide Iodice e il drammaturgo Mimmo Borrelli, rispettivamente e in diverso modo artefici dei successi diZingari e di ‘Nzularchia, andati in scena nelle due ultime stagioni, hanno intersecato il loro lavoro artistico intorno a questa poderosa opera in dieci canti e circa tremila endecasillabi sciolti, premiata col Tondelli 2007, che ha debuttato il 9 luglio al Festival dei due mondi di Spoleto.

Sciaveca è il termine che lungo il tratto tirrenico dei Campi Flegrei i pescatori usano per indicare la rete da strascico propria della pesca sotto-costa, sporca sempre anche di alghe melmose e di fanghiglia. L’ordito delle sue fitte trame, nell’immaginario drammaturgico di Mimmo Borrelli, in questa occasione anche intensissimo interprete, rinvia all’ingarbugliato patrimonio di fatti, memorie, mitologie, di uno dei territori campani più ricchi di storia. Attraverso una meticolosa raccolta di testimonianze popolari, l’autore ha costruito una poderosa opera in dieci canti e tremila endecasillabi sciolti, che compone un’epopea arcaica ma straordinariamente attuale.

La storia è quella di un uomo disperso, morto in mare, che dopo un anno circa dalla scomparsa torna, incredibilmente, sulla terra. Tra lo stupore iracondo dei suoi uccisori, che gridano vocianti al miracolo, e la personale spossatezza mista a spaesamento, Tonino Barbone – così si chiama il protagonista – crede che tutto sia avvenuto la notte prima del suo messianico avvento. Ma chi intona le fughe del racconto è il Mare, che rifocilla e chiarisce le dissolutezze mnemoniche del nostro Messia stimmaculato.

Così la stampa

‘A Sciaveca (rete che si intride di liquami nella costa flegrea) è una mattanza visionaria e un basso vangelo apocrifo ad opera del 29enne Mimmo Borriello, Premio Tondelli 2007 (…).Corrispondendo alla rituale e febbrile regia di Davide Iodice, l’autore si cala con altera fisicità in un Mare deus ex machina e narratore.Sulla scena di tufo, la saga mostra la reviviscenza di Tonino u’bbarbone (Massimo De Matteo) ucciso in acqua dai fratelli fedifraghi e da balordi, con fine postuma della sua donna violata e ora risorta come delfino (Floriana Cangiano, capace di versi ultrasonori).La vittima ha le stimmate e tutta è una “marina commedia” di dannati da punire col colera, dove impietosisce un uomo monco che ha ammazzato un padre molestatore. Un capolavoro (…).Rodolfo Di Giammarco, “La Repubblica, lunedì 14 luglio

E’ il risultato compiuto di un lungo percorso laboratoriale e di studi, così come è nelle abitudini di Davide Iodice, uno dei più coerenti eredi di de Berardinis e Neiwiller.Dopo aver attraversato le mille suggestioni offerte dalla complessa scrittura flegrea dell’autore e attore di Torregaveta, il regista ha tirato la rete – è il caso di dire – lasciando in scena gli aspetti salienti di questa saga circolare di pescatori, gente umile e fiera (…)Stefano de Stefano, “Corriere del Mezzogiorno”, Venerdì 11 luglio

Umori sulfurei invadono le vene dei personaggi di una tragedia marina, ‘A Sciaveca, la sciabica, la rete a strascico che dal fondo del mare, come dalla coscienza dei suoi protagonisti, porta a galla la melma di orrendi segreti, infami misfatti.L’autore, Mimmo Borrelli, non ancora trentenne è un outsider che con i suoi testi visionari e per il singolare impasto linguistico della sua scrittura ha già ottenuto un Premio Riccione(…).Borrelli adopera una lingua in stretto dialetto dell’area flegrea, pervasa di arcaiche locuzioni popolari, in una struttura labirintica che scandisce i fatti della narrazione in dieci stazioni, ciascuna indicata come un “pianto”, lacerazione di anime che sembrano andare incontro ad un destino già scritto. La regia di Davide Iodice ha l’arduo compito di ricondurre a rappresentazione scenica questo sviluppo di odio e soprusi, di metafore e segni allegorici (…).Il lavoro è stato accolto con molti applausi dal pubblico per la sua forza e intensità.Franco De Ciuceis, “Il Mattino”, venerdì 11 luglio

Un’avventura della scrittura – scrittura su carta e scrittura su corpo – un parto affebbrato e  titanico dell’immaginazione, più di uno spettacolo, un ‘esperienza intraducibile, complessa e difficile che ci fa scendere negli abissi marini per raccontarci di cosa è capace l’uomo(…).Mimmo Borrelli ha chiamato in vita personaggi/ombre della sua tragedia in versi, opera leggendaria, remota, che fa venire in mente l’”Orlando Furioso” di Ariosto, “La tempesta” di Shakespeare tradotta da Eduardo e “L’Arte della gioia” di Goliarda Sapienza, ma che al tempo stesso è capace di starsene per conto suo, contemplando una umanità miserabile che si esprime in una lingua inaccessibile (…).Nella visione estatica di questo giovane scrittore napoletano che sembra aver agito sotto dettatura “automatica” di uno spirito antico, gli uomini non sono fatti della stessa sostanza dei sogni, ma di una materia melmosa, inestricabile, (…) di una luce luciferina e mercuriale.Una luce che Davide Iodice ha intercettato profondamente, creando sula scena una sorta di battello fantasma, dove i corpi degli attori, le loro voci, i suoni e gli oggetti naufragano a vista, costringendo gli spettatori a nuotare dentro se stessi per non affondare in questa “palude definitiva”. Katia Ippaso, “Liberazione”, 12 luglio

‘A Sciaveca non è uno spettacolo nel senso tradizionale. E’ piuttosto una prova aperta, una direzione di ricerca che vuole verificarsi davanti ad un pubblico (e quello di Spoleto l’ha accolto in maniera affatto positiva). (…) E’ uno “spazio” dove le vibrazioni dei segni (…) vogliono rivelare una visione altra, quasi un invito a sperimentare un mo(n)do d’ intendere il teatro “che scava nella mente e nella storia”.Francesco Urbano, “Roma”, mercoledì 16 luglio

Quattro minuti di applausi e acclamazioni per due ore indimenticabili di autentico spettacolo durante le quali gli attori hanno generosamente donato agli spettatori emozioni vere, vive, crudeli, coinvolgenti, anche per chi aveva difficoltà a comprendere il senso della lingua flegrea.La violenza drammaturgica dello spettacolo, la forza interpretativa degli attori e gli archetipi che vengono stimolati nell’animo dello spettatore sono talmente intensi da rendere fruibile il testo. “Spoleto Online” , 11 luglio